I neuroni
della zona ventricolare del cervelletto umano
GIOVANNI ROSSI
NOTE E
NOTIZIE - Anno XXII – 26 aprile 2025.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale
di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a
notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la
sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici
selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori
riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Stiamo monitorando con
vigile attenzione le nuove acquisizioni di neurofisiologia del cervelletto che,
negli anni recenti, si stanno susseguendo a ritmo serrato. Ma non è solo
l’analisi morfo-funzionale e di connettività o l’accertamento di nuovi ruoli ad
ampliare il bagaglio di conoscenze dei neuroscienziati su questa struttura
dell’encefalo, perché nuove nozioni stanno emergendo dallo studio
dell’embriogenesi cerebellare.
All’interno del cervelletto
in corso di sviluppo, le perturbazioni degli ordinati processi geneticamente
programmati possono condurre a significative alterazioni cognitive,
comportamentali e sociali. Nonostante studi estesi e intensi sui modelli
animali, la nostra conoscenza dello sviluppo cerebellare umano rimane ancora incompleta.
Fra le nuove osservazioni sperimentali, le più interessanti stanno rivolgendo
l’attenzione alle peculiarità del cervelletto umano e alle differenze con quello
dei roditori, che costituiscono i modelli sperimentali più frequenti.
Anders W. Erickson e
colleghi hanno fornito una dettagliata caratterizzazione della genesi di
neuroni e interneuroni GABAergici nel cervelletto umano durante lo sviluppo.
Queste cellule nascono durante l’embriogenesi, prima delle 8 settimane
post-concepimento.
La fase di differenziazione
e di maturazione cerebellare del contingente neuronico inibitorio GABAergico si
protrae a lungo, entro il terzo trimestre e il periodo post-natale, ed ha vari
elementi distinti e caratterizzanti rispetto alla realtà dell’encefalo del
topo. I profili di sviluppo precoci ed estesi di questi neuroni sono
sorprendenti e suggeriscono una precoce e ampia vulnerabilità a danni e insulti
evolutivi.
(Erickson
A. W. et al., Mapping the developmental profile of ventricular
zone-derived neurons in the human cerebellum. Proceedings of the National
Academy of Sciences USA – Epub ahead of print doi: 10.1073/pnas.2415425122, 2025).
La
provenienza degli autori è prevalentemente la seguente: The
Arthur and Sonia Labatt Brain Tumor Research Centre, The Hospital for Sick
Children, Toronto (Canada); Developmental and Stem Cell Biology Program, The
Hospital for Sick Children, Toronto (Canada); Department of Laboratory Medicine
and Pathobiology, University of Toronto, Toronto (Canada); Seattle Children's
Research Institute, Center for Integrative Brain Research, Seattle, WA (USA); Center
for Translational Immunology, Benaroya Research Institute, Seattle, WA (USA); Croatian
Institute for Brain Research, School of Medicine, University of Zagreb, Zagreb
(Croazia); Assistance Publique
Hôpitaux de Paris, Hôpital
Necker-Enfants Malades, Paris (Francia); Surgical
Pathology Unit, San Camillo Forlanini Hospital, Rome (Italia); Department of Neurology, University of Washington, Seattle, WA (USA); Department
of Pediatrics, University of Washington, Seattle, WA (USA); Texas Children's
Cancer and Hematology Center, Houston, TX (USA); Department of Pediatrics-Hematology/Oncology,
Baylor College of Medicine, Houston, TX (USA); Department of Neurosurgery,
Baylor College of Medicine, Houston, TX (USA); Department of Neurosurgery,
Texas Children's Hospital, Houston, TX (USA).
Come abbiamo fatto in precedenza[1],
proponiamo un’introduzione sul cervelletto per i lettori non specialisti,
andando cronologicamente a ritroso nel citare alcuni fra i principali studi
dello scorso anno. Nel mese di ottobre 2024 abbiamo proposto uno studio che
dimostrava una funzione cerebellare analoga a quella tipica del lobo temporale
mediale; due settimane prima abbiamo presentato un atlante del cervelletto
umano secondo un nuovo modello funzionale che realizza una mappatura di
precisione integrando le nuove acquisizioni[2]; solo due
settimane prima avevamo recensito lo studio che riporta la scoperta di un ruolo
del cervelletto nella regolazione della sete[3]. Ecco cosa
abbiamo riportato il 5 ottobre 2024 a proposito di questi continui
aggiornamenti:
“Introducendo la recensione
di uno studio sul cervelletto[4], il 22 giugno abbiamo così sintetizzato le tappe principali del nostro
impegno recente nel seguire la ricerca sulla neurofisiologia di questa parte
dell’encefalo:
I continui
progressi nelle conoscenze sul cervelletto richiedono la nostra
attenzione costante come recensori: a maggio abbiamo presentato tre nuovi studi
che, nell’insieme, costituivano già un piccolo aggiornamento. In precedenza
abbiamo riportato lo studio di Jessica Bernard che fa il punto delle conoscenze
sulle interazioni ippocampo-cerebellari e le considera anche in relazione
all’invecchiamento e al declino cognitivo legato all’età[5]. Ancor
prima, nel mese di febbraio, abbiamo visto come la struttura dell’encefalo
descritta quale organo per la prima volta da Vicq d’Azyr controlli direttamente
la sostanza nera o Substantia Nigra di Sömmering del mesencefalo,
agendo direttamente sulle popolazioni dopaminergiche connesse, regolando i
valori di ricompensa connessi col movimento[6]. Ci
siamo poi occupati dei nuovi meccanismi dei granuli cerebellari[7].
Abbiamo recensito anche uno studio su un ruolo del nucleo interposito: i
neuroni di questa formazione nucleare generano previsioni che ottimizzano
nel tempo e nella forma la riposta di un movimento condizionato[8].
Nell’apprendimento cerebellare
classico, le cellule di Purkinje (PkC)
associano i segnali di errore delle fibre rampicanti (CF) alle cellule
dei granuli (GrC)[9] predittive che sono attive subito prima (circa 150 ms). Il cervelletto
partecipa anche all’attuazione di comportamenti caratterizzati da una scala
temporale di maggiore durata. Martha G. Garcia-Garcia e colleghi coordinati da
Mark J. Wagner, per indagare come i circuiti GrC-CF-PkC possono apprendere previsioni della durata di secondi,
hanno rilevato immagini simultanee dell’attività GrC-CF
durante l’apprendimento condizionato con una ricompensa d’acqua ritardata. I
risultati dell’osservazione sperimentale sono molto significativi[10].
Dopo questi
studi, come abbiamo già ricordato, Ila Mishra
e colleghi hanno rilevato e dimostrato che le cellule di Purkinje del
cervelletto nel topo sono attivate dall’ormone asprosina,
e determinano un aumento della sete, ossia del desiderio di bere e
dell’esecuzione di atti di assunzione di liquidi”[11].
Continuano dunque a ritmo serrato i progressi nella
conoscenza della neurofisiologia di questa parte dell’encefalo, e noi, come in
occasioni precedenti[12], proponiamo
un’introduzione anatomo-funzionale per il lettore non specialista.
Il cervelletto
è quella parte dell’encefalo che occupa la fossa cranica posteriore ed è
presente in tutti i vertebrati con uno sviluppo proporzionato a quello del
cervello. Si presenta costituito da tre parti: una struttura mediana di minore
dimensione denominata verme cerebellare, corrispondente al cervelletto
primitivo presente anche nei più bassi vertebrati (paleocerebello), e
due espansioni laterali dette emisferi cerebellari. È situato nella
loggia cerebellare delimitata dal tentorio e si sviluppa sotto il
cervello, dietro il ponte, sopra il bulbo. Il suo diametro trasverso raggiunge
un massimo di dieci centimetri, mentre verticalmente supera raramente i cinque
centimetri per un peso complessivo medio di 140 g, ossia l’ottava parte del
peso del cervello. I solchi del cervelletto consentono di ripartirlo in tre
lobi e numerosi lobuli, accuratamente descritti dagli antichi anatomisti
secondo criteri che non hanno trovato riscontro fisiologico o utilità clinica.
Il fascino esercitato sugli antichi morfologi dalla
struttura corticale cerebellare costituita da innumerevoli lamelle è stato
superiore a quello dell’organizzazione in rami e ramoscelli diretti ai lobuli
della sostanza bianca del centro midollare o tronco, cui diedero il suggestivo
nome di albero della vita. Contrariamente a quanto creduto da alcuni
studiosi contemporanei di storia della medicina, questa denominazione non trae
affatto origine dall’erronea attribuzione al cervelletto di un ruolo vitale
nella fisiologia dell’organismo, ma dall’analogia morfologica con la tuia
(Thuja, L. 1753), una pianta arborea sempreverde
delle Cupressaceae che presenta, al posto di foglie larghe, verdi
diramazioni e sotto-diramazioni multiple costituite da minuscole scagliette
foliacee[13]. A
differenza del cervello, in cui la sostanza bianca ha un’enorme espansione
indipendente con le sue strutture interemisferiche e il centro ovale di
Vieussens, entrando solo perifericamente nella costituzione dei giri corticali,
nel cervelletto l’aggregato pirenoforico corticale segue come un rivestimento
tutte le diramazioni della sostanza bianca che, nell’aspetto morfologico
macroscopico delle sezioni dell’organo, appare come un semplice complemento
della preponderante struttura grigia.
La corteccia del cervelletto ha lo spessore
di un millimetro o un millimetro e mezzo, e al taglio rivela due zone di
aspetto differente: 1) uno strato esterno o superficiale di colore
grigio pallido; 2) uno strato interno o profondo dal colorito tendente
al fulvo rossastro, che giustifica la definizione di strato rugginoso.
L’esame microscopico della corteccia cerebellare
consente di distinguere uno strato esterno o molecolare, che costituisce
circa la metà dell’intera struttura e presenta abbondanza di fibre e scarsità
di cellule, e uno strato interno o granuloso caratterizzato da
numerosissime cellule.
Fra queste due lamine di tessuto grigio si interpone
uno strato intermedio o zona mediana, sottile ma caratterizzata da una
fila di neuroni esclusivi del cervelletto e dalla morfologia inconfondibile: le
cellule di Purkinje.
Le cellule di Purkinje sono disposte a formare
una fila abbastanza regolare, anche se a tratti si notano lievi irregolarità,
perché alcuni di questi neuroni inibitori GABAergici sono dislocati verso la
superficie esterna della corteccia, non in linea con la maggioranza, tanto da
meritarsi il nome di “cellule spostate”, con il quale erano state descritte da
Santiago Ramon y Cajal. Le cellule di Purkinje sono piriformi, con l’asse
maggiore di 50-60 micron e una larghezza non superiore ai 25-30 micron, e
presentano al polo superiore, rivolto verso la superficie esterna della
corteccia, un tronco dendritico di grande calibro che si divide presto in
grosse diramazioni principali, dalle quali originano, con una morfologia che
ricorda un po’ quella dei rami della quercia, diramazioni secondarie e
terziarie, che penetrano nello strato molecolare. L’espansione a ventaglio si
risolve in una “lussureggiante arborizzazione che si può seguire fino alla
superficie piale”[14], secondo
la descrizione classica. Sui rami si possono osservare le numerosissime spine
dendritiche, che in questi neuroni sono state accuratamente studiate
nell’ultrastruttura al microscopio elettronico. È interessante la disposizione
della fitta arborizzazione dendritica delle cellule di Purkinje, che Obersteiner
paragonò a una pianta di vivaio fatta sviluppare intorno a un “sostegno a
spalliera”, da cui la denominazione di spalliera dendritica che si
adotta attualmente. Questa struttura è infatti disposta su un piano ortogonale
rispetto a quello principale della lamella della corteccia del cervelletto, per
cui si dice che l’arborizzazione a spalliera “si espande per traverso alla
lamella”[15].
Dal polo opposto o interno della cellula di Purkinje
origina il neurite che diventa cilindrasse, ossia assone rivestito di mielina[16],
presentando la caratteristica di un diametro inferiore a quello del tronco
dendritico, all’opposto di quanto accade per la maggior parte dei neuroni. Dopo
un tratto più o meno breve, l’assone emette rami collaterali, alcuni dei quali
terminano nello strato granuloso mentre altri risalgono come collaterali
retrogradi fino al molecolare dove assumono decorso orizzontale e terminano
circondando con una terminazione anulare il tronco dendritico della stessa
cellula, di un’altra o di numerose altre cellule di Purkinje, realizzando un
controllo inibitorio retrogrado dell’input che arriva dalle sinapsi
formate dalle spine della spalliera dendritica con i neuriti dei neuroni che
compongono la citoarchitettonica corticale. Dopo aver emesso i collaterali,
proseguendo il suo percorso, il neurite entra con la miriade di altri
cilindrassi omologhi nella sostanza midollare, dove costituisce la connessione
diretta ai nuclei centrali del cervelletto, ossia la via cortico-nucleare
cerebellare.
In estrema sintesi la struttura della corteccia
cerebellare può essere schematizzata come segue.
1) Lo strato
molecolare, esterno, caratterizzato dalla cellula dei canestri:
contiene ramificazioni dendritiche delle cellule di Purkinje, le fibre
rampicanti e i rami orizzontali dei neuriti dei granuli, che costituiscono
la maggioranza delle fibre di questo strato.
2) Lo strato
granuloso, interno, caratterizzato dal tipo neuronico del granulo e
dai caratteristici glomeruli cerebellari nei quali si incontrano le fibre
muscoidi e i dendriti dei granuli. Tutto lo spessore è attraversato da fibre
muscoidi e fibre rampicanti, come da tutte le altre fibre afferenti,
e contiene il corpo delle cellule a pennacchio, particolari elementi
della glia descritti per la prima volta da Cajal.
3) Lo strato
intermedio delle cellule di Purkinje attualmente descritto come parte dello
strato molecolare, che è stato considerato in passato l’elemento base
del cervelletto. Infatti, alle singole cellule di Purkinje, che ricevono
segnali dalle fibre rampicanti direttamente e dalle fibre muscoidi indirettamente
per interposizione dei granuli, e forniscono l’unico output dalla
corteccia, è stato dato il nome di “cervelletto istologico”.
La corteccia del cervelletto è la
regione dell’encefalo in cui è stata stabilita con maggiore precisione la
correlazione fra anatomia e fisiologia, e l’affascinante ricerca che ha portato
alla definizione della sua architettura cellulare ha avuto inizio nel 1888 con
gli studi realizzati da Santiago Ramòn y Cajal, usando il metodo dell’impregnazione
argentica di Camillo Golgi, ed è proseguita nel secolo successivo grazie
soprattutto alle osservazioni di sir John C. Eccles e collaboratori. Dalla
scuola di Eccles proveniva Rodolfo R. Llinas, che nel 1975 integrò il suo
contributo sperimentale in una sintesi schematica e concettuale resa in una
iconografia ancora oggi adoperata per illustrare la disposizione nelle tre
dimensioni dello spazio degli elementi che formano i circuiti della corteccia
cerebellare[17].
Con questi studi classici fu
anche definita la natura delle fibre muscoidi e delle fibre
rampicanti. Entrambi i tipi di assoni sono eccitatori, ma obbediscono a
criteri funzionali differenti e sostanzialmente opposti.
Le fibre rampicanti
provengono da formazioni distanti, come il nucleo olivare inferiore, e ciascuna
si dirige verso la cellula di Purkinje che costituisce il suo specifico
bersaglio fin dallo sviluppo embrionario e sulla quale forma anche più di 300
sinapsi: la scarica della fibra rampicante è estremamente violenta e fa
scomparire ogni attività del neurone di Purkinje, come fu dimostrato già nel
1964 da Eccles, Sasaki e Llinas.
Le fibre muscoidi, al
contrario, eccitano numerose cellule di Purkinje, formando solo poche sinapsi
su ciascuna di esse, e le raggiungono sempre con l’intermediazione dei piccoli
interneuroni detti granuli.
Una descrizione anche sintetica
dell’organizzazione funzionale della corteccia del cervelletto richiederebbe
uno spazio di dimensioni sproporzionate in rapporto al testo e all’oggetto
dell’articolo, per cui si rimanda alle trattazioni di neuroanatomia funzionale,
corredate da immagini che consentono la comprensione dei rapporti reciproci fra
cellule e dell’organizzazione spaziale di questi sistemi neuronici[18].
All’interno della struttura del cervelletto le lamine
midollari confluiscono formando una massa di sostanza bianca centrale che
contiene i tipici quattro nuclei pari: dentato, globoso, emboliforme
e nucleo del tetto.
Il nucleo dentato è il più grande e laterale
dei nuclei, e si presenta come una lamina di neuroni irregolarmente ripiegata,
che racchiude una massa di fibre principalmente costituite da assoni e dendriti
dei neuroni dentati; queste cellule sono di media grandezza (20-30 micron). La
sua forma ricorda quella di una borsetta di pelle con l’apertura rivolta in
direzione mediale, e corrispondente all’ilo del nucleo che contribuisce alla
costituzione del peduncolo cerebellare superiore.
Il nucleo globoso (o n. posteriore interposto)
è sito medialmente al nucleo emboliforme ed è continuo con il nucleo del tetto.
Come gli assoni del nucleo dentato e dell’emboliforme le fibre dei suoi neuroni
entrano nella costituzione del peduncolo cerebellare superiore.
Il nucleo emboliforme (o n. anteriore
interposto) è laterale al nucleo globoso e si continua lateralmente con il
nucleo dentato.
Il nucleo del tetto è localizzato in prossimità
della linea mediana, al margine del tetto del quarto ventricolo. I neuroni di
questo nucleo sono prevalentemente di grandi dimensioni (40-70 micron) e una
gran parte dei loro assoni incrocia nella sostanza bianca della commessura
cerebellare[19]. Dopo la loro decussazione,
costituiscono il fascicolo uncinato che passa dorsalmente al peduncolo
cerebellare superiore per giungere al nucleo vestibolare del lato
opposto. Le fibre che non incrociano entrano nel nucleo vestibolare
omolaterale; un piccolo contingente ascende verso il peduncolo cerebellare
superiore[20].
La sperimentazione recente
ha fornito dati molecolari a sostegno degli studi che hanno dimostrato un ruolo
del cervelletto nella fisiologia cognitiva, in particolare modulando il
circuito a ricompensa dopaminergico, il linguaggio e il comportamento
sociale.
I nuclei del cervelletto
possono essere definiti sub-strutture che trasferiscono informazioni elaborate
nel cervelletto da questa sede ad altri territori dell’encefalo. Un elemento
caratteristico della specie umana è il notevole sviluppo della connessione di
questi aggregati grigi con la corteccia cerebrale del lobo frontale[21].
Torniamo ora alle nuove e interessanti
evidenze emerse dallo studio condotto da Anders W. Erickson con Parthiv Haldipur e altri.
La zona ventricolare del cervelletto
(VZ, da ventricular zone) è la fonte
primaria dei progenitori che generano i neuroni GABAergici cerebellari, incluse
le cellule di Purkinje e gli interneuroni. Questo studio fornisce una
caratterizzazione dettagliata della neurogenesi GABAergica cerebellare umana,
usando le analisi trascrittomica e istopatologica, e rivela elementi conservati
e unici senza corrispondenze nei roditori.
Anders W. Erickson e
colleghi dimostrano che la progressione della neurogenesi è conservata e si
verifica prima delle 8 settimane post-concezione.
La differenziazione delle
cellule di Purkinje si verifica nella parte più esterna della zona
sub-ventricolare, una regione assente nel cervelletto di topo. Queste speciali
cellule nervose cerebellari nell’uomo sono generate durante un compatto periodo
di due settimane prima dell’avvio dell’istogenesi della corteccia cerebellare.
Un sub-set di cellule di Purkinje umane ritiene l’espressione di marker
proliferativi settimane dopo aver lasciato la zona ventricolare, altro elemento
che non ha riscontro nei roditori. La maturazione delle cellule di Purkinje
umane è protratta con un’estesa migrazione e riorganizzazione attraverso il
processo di sviluppo, con l’arborizzazione dendritica che cresce nella parte
conclusiva della gravidanza.
I ricercatori hanno definito
una cascata trascrizionale continua dello sviluppo di neuroni di Purkinje da
cellule neuroepiteliali alle forme mature di questi grandi elementi di regolazione
inibitoria del cervelletto. Per contro, mentre i progenitori interneuronici
umani nascono all’inizio della prima fase di sviluppo fetale, le cellule di
Purkinje mostrano una protratta differenziazione durante la fase terminale
della gestazione e in epoca post-natale.
Questi risultati indicano un
processo evolutivo dinamico per i neuroni GABAergici cerebellari umani, e
sottolineano l’importanza dell’ambiente embrionale, chiarendo le ragioni
dell’impatto significativo delle alterazioni precoci dello sviluppo.
L’autore della nota ringrazia
la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle
recensioni di
argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito
(utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Giovanni Rossi
BM&L-26 aprile 2025
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Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come
organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] Note e Notizie 22-02-25
Cervelletto nella malattia di Parkinson.
[2] Note e Notizie 05-10-24
Atlante gerarchico del cervelletto umano.
[3] Note e Notizie 21-09-24 Il
cervelletto regola la sete.
[4] Note e Notizie 22-06-24
Granuli-fibre rampicanti cerebellari per tracciare gli intervalli.
[5] Note e Notizie 09-03-24 La
nuova via cervelletto-ippocampo.
[6] Note e Notizie 03-02-24 Il
Cervelletto modula direttamente sostanza nera e ricompensa.
[7] Note e Notizie 17-02-24 Nuovi
meccanismi dei granuli del cervelletto.
[8] Note e Notizie 02-03-24 Un
ruolo del nucleo interposito del cervelletto.
[9] Si veda sui granuli la già
citata recensione Note e Notizie 17-02-24 Nuovi meccanismi dei granuli del
cervelletto.
[10] Note e Notizie 22-06-24
Granuli-fibre rampicanti cerebellari per tracciare gli intervalli.
[11] Note e Notizie 21-09-24 Il
cervelletto regola la sete.
[12] Note e Notizie 11-05-24 Tre
nuovi studi sul cervelletto.
[13] Il nome greco θυία vuol dire “cedro” ed è stato dato
per l’odore emanato dal legno di questa pianta. Originaria di Cina, Giappone,
Alaska e regione dei grandi laghi del Nord America, in latino era detta Arbor
vitae; come vuole la legge linguistica del “conservatorismo della
periferia”, in America si è mantenuta la forma latina abbandonata in Europa ed
è ancora chiamata arborvitae. L’origine della
denominazione della sostanza bianca cerebellare è riportata nel Trattato di
Anatomia Umana di Testut e Latarjet (vol. III, p. 241, UTET, Torino 1974 e
seguenti ristampe), nel quale la translitterazione dal greco è resa con thuya.
[14] Testut e Latarjet, op. cit.,
vol. III, p. 242.
[15] Testut e Latarjet, op. cit., ibidem.
[16] Ricordiamo che fu Purkinje, lo
scopritore di queste cellule, che introdusse il termine “cilindrasse” per
denominare l’assone rivestito da mielina nel sistema nervoso centrale e
distinguerlo dai neuriti delle fibre amieliniche.
[17] Llinas R. R., La corteccia del
cervelletto. Le Scienze 81, maggio 1975, ristampato in Il Cervello –
organizzazione e funzioni (a cura di Angelo Majorana), pp. 120-131, Le
Scienze Editore, Milano 1978.
[18] Note e Notizie 26-09-20 La
corteccia del cervelletto umano è sorprendente.
[19] È interessante notare che non si
tratta di fibre commissurali come quelle del cervello, dove il corpo calloso,
ad esempio, connette punti omotopici dei due emisferi. Anche se si chiamano
commissurali, le fibre del cervelletto semplicemente attraversano la linea
mediana, ma hanno una diversa identità morfo-funzionale.
[20] Note e Notizie 23-01-21
Origine nel cervelletto delle connessioni cognitive.
[21] Questo richiamo sintetico
all’anatomia cerebellare si trova anche in Note
e Notizie 15-10-22 Il cervelletto nella memoria emozionale, in cui si recensisce un interessante studio di Matthias Fastenrath e
colleghi.